Le Yurte hanno un cappuccio che va piazzato in punta quando piove. Se sei occidentale e cresciuto in una casa in muratura però non lo sai e lo scopri la mattina dopo quando vedi tutte le altre incappucciate all’asciutto e la tua ormai ha il pavimento allagato.
Tanto eravamo già zuppi, i due giorni precedenti avevamo viaggiato sotto la pioggia e almeno non è freddo non è una gran consolazione in quei casi perché, a forza di umido nelle ossa, fa comunque un freddo bastardo.
Quando arriviamo al lago Ogy - fradici, moto infangata, dopo salite pendenti di terreno viscido come fatto di anguille - abbiamo un problema peggiore della pioggia: la benzina. Giriamo in riserva da ore. Le prime persone con cui riusciamo a parlare ci dicono di stare tranquilli: a 70 chilometri c’è un benzinaio. Noi non ne abbiamo nemmeno per 7, ma sorridiamo e passiamo avanti, tanto la benzina non salta fuori.
Ci rassegniamo a vivere ormai per sempre sulle sponde del lago Ogy. Mi ci vedo già a chiamare in ufficio: “è stato bello, ma non ho più la benzina”. Solo alla fine un gruppo di ragazzi più nudi che vestiti ci salva. Nudi - scopriamo - perché sono nel bel mezzo di un incontro di sumo. Promettono che la troveranno e ricominciano a lottare, a spingere, sbuffare e ruzzolarsi tra loro. Meglio non farsi troppe domande, in questi casi o ti fidi o ti fidi.
Un paio d’ore dopo, uno di loro arriva sul serio e in mano ha una tanica piena di benzina.
“Sei un uomo coraggioso.” Proclama solenne a Lorenzo mentre gliela passa. Un po’ preoccupante detto da lui, ma lo prendiamo per un complimento, me lo prendo anche io tutta orgogliosa anche se non sta per niente parlando con me.
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La mattina dopo ripartiamo in direzione Cecerleg che è una cittadina, un pugno di case, con tetti in lamiera colorati. Dall’alto è una manciata di coriandoli acciuffati nella vallata. Però quando raggiungi un qualcosa e vedi esseri umani dopo ore da sola nello sterrato, quel qualcosa in quel momento è sempre la città più bella del mondo.
Cecerleg poi a maggior ragione, perché in un angolo poco raccomandabile di uno spiazzo fangoso troviamo una baracca che fa da meccanico. Dei 10 uomini che ci circondano, interessatissimi alle nostre vicende, al nostro impermeabile e ai nostri stivali, a nessuno riesco a passare il messaggio che devo fare il cambio dell’olio. E glielo dico col traduttore e con la tanica dell’olio alla mano, loro sono gentili e disponibili, ma non c’è verso e non ci capiamo. Dobbiamo aspettare una ragazza che per fortuna capisce al volo, li rimette in riga, in 10 minuti sistemano tutto e come pagamento chiedono solo una foto. Non dico fosse più sveglia perché era donna, sarà un caso dai di sicuro, ma una certezza ce l’ho nella testa: se non fosse arrivata lei, io in questo momento sarei ancora a Cecerleg a cercar di cambiare l’olio.
Le Yurte hanno una stufa
Le Yurte hanno una stufa e ne ho scoperto la delizia la sera dopo. Quando abbiamo raggiunto Terhijn Cagaan Nur o il lago bianco. Un paradiso di acqua cristallina di origine vulcanica e prati inesauribili dove scorrazzare tra gli Yak. Il posto è di una bellezza sacrale e decidiamo di fermarci due notti. La stufa ce la accende di sera quella che io chiamo la ragazza del fuoco: ha gli occhi dolcissimi da bimba cresciuta e quando le chiedo quanti anni ha, si imbarazza e mi scappa via. Poi la devo chiamare di nuovo, perché mentre vado a cena il fuoco si spegne e non c’è verso che riesca a riaccenderlo, anche se sacrifico carta e cartine con l’itinerario, appallottolati lì nella stufa. Lei torna e sorride bambina: non è offesa e me lo riaccende.
La sera dopo conoscerò il vecchietto del fuoco e mi innamorerò anche di lui, della sua magrezza stanca, dello sguardo da nonno di un’altra epoca e del modo dolcissimo con cui mi chiede: “tikke, tikke, tikke?” incrociando le braccia sul petto e massaggiandole – lo stesso gesto che facciamo noi per dire “Brrrrr, fa freddo!”.
“Tikke, tikke, tikke” gli risponderò annuendo e lui darà il via alla magia che trasforma la Yurta in una sauna incandescente dove ogni problema rimane fuori.




Le Yurte hanno uno scarafaggio
Anzi dieci, cento, mille scarafaggi. E questa è una costante di tutto il viaggio. Gli scarafaggi in Mongolia, se non lo sapeste, arrivano a pioggia. Con tanto di rumore tipico, un deng deng deng di atterraggio al suolo che ho continuato a sognare per notti. Quando fa buio, la primissima cosa da fare è spegnere la luce perché la pioggia di scarafaggi è attivata dall’attrazione per la luce.
La seconda cosa da fare è l’ispezione. Si fa con la torcia del cellulare e consiste nell’osservazione pedissequa di ogni centimetro quadrato di Yurta. Si controllano il pavimento, gli scaffali, il letto e le colonne portanti centrali. Sì, proprio le colonne colorate di ghirigori dove tradizione vuole non ci si possa appoggiare perché simboleggiano il collegamento tra cielo e terra. Gli scarafaggi, comunque, ci si appoggiano indisturbati: blasfemi
La terza e ultima attività è quella che richiede maggior competenza, un errore potrebbe risultare fatale. Consiste nell’indicarli uno per uno al proprio cacciatore di scarafaggi professionista al grido di “bucaione!” (che è il termine dialettale umbro per scarafaggio). A quel richiamo, il proprio cacciatore di scarafaggi professionista lo afferra paziente e lo butta fuori dalla Yurta. È importante portarlo sempre con sé, il cacciatore. Io l’ho prestato anche a una ragazza urlante in un bagno che non riusciva a togliere un mastodontico ragno marrone dalla tenda doccia. Mi ha chiesto aiuto e io – coraggiosa – non mi sono certo tirata indietro, mi sono avvicinata sfidando il ragno e impavida le ho annunciato: “chiamo subito il mio ragazzo!”
Le Yurte hanno un cielo stellato
Le Yurte hanno un cielo stellato che ti regala la pace dei sensi. Hanno un fresco pungente in faccia e il silenzio vastissimo della natura. Dormire nelle yurte offre il buio buono che ti circonda dove non sei più tu che guardi le stelle, ma le stelle tutte che ti avviluppano.
Fingo di sapere le costellazioni, ma riconosco solo l’Orsa Maggiore. E la Via Lattea potrei toccarla, tanto pende soffice sopra di me. Stropiccio gli occhi e spalanco la bocca: ma quanto è bello meravigliarsi ancora.
Gaia
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Bello bello Gaia! Insomma… tra scarafaggi, freddo e pioggia, ciò che mi porto via è che le yurte fanno bestemmiare. Ma proprio per questo ti regalano una bella storia da raccontare 😁
Emozionante!