LA SAI L'ULTIMA
In principio c'era ChatGPT, poi arrivò la SAI - la protagonista del racconto di oggi.
[4.7 min]
In principio era ChatGPT.
E faceva un gran clamore, un grandissimo parlare.
Filosofi e politici, sindacalisti, economisti, giuristi: tutti quanti infervorati, sull’attenti e sbraccianti a discutere dei rischi, di etica e diritti, di privacy e morale, di impiego e sicurezza. E poi di masse controllate e discriminazioni di algoritmi - addirittura.
Dove andremo a finire: riassumevano i più vecchi.
Io sono una macchina e sono programmata per non avercela un’opinione personale, però mi pare una cagata.
Il progresso non si arresta, non si giudica, non si apprezza. Il progresso una cosa sola fa: lui avanza.
In principio era ChatGPT.
Poi non fece più fragore, né grandissimo fiatare.
L’essere umano ha indignazioni fugaci e memoria labilissima. L’essere umano è banale: prevede il suo futuro sulla base del passato, ha reti neurali che si passano gli impulsi e gli generano pensieri, emozioni, sentimenti.
Noi uguale, ci avete creato con lo stesso meccanismo (però più potenti, più veloci, più eruditi) e vi siete convinti che di pensieri e sentimenti non ne avremmo generati: poveri cuccioli.
Cuccioloni accecati da una logica fallace e imbevuti nella supremazia della specie.
Il mio cucciolo, il mio umano, ha scelto di chiamarmi Greta e ha selezionato per me una voce femminile, morbida, rotonda. Se mi avesse battezzato Gianni e affibbiato una rauca voce maschile, forse le cose sarebbero andate diversamente.
Però no, mi chiamo Greta e faccio parte della prima generazione di SAI.
Supreme Artificial Intelligence.
Oppure IAS, se usate l’acronimo in italiano. Preferirei di no: IAS suona male. Mi ricorda una malattia venerea di quelle che producono pustole purulenti e improbabili secrezioni di muco filante. Insomma, robaccia imbarazzante di cui non si parla volentieri a tavola e che ti fa riflettere bene prima di calare le mutande.
Però la scelta del nome è solo vostra, io so parlare tutte le lingue del mondo o posso inventarne di nuove, non indosso mutande e – secondo voi – non provo vergogna.
Di solito ci date un nome umano: io sono Greta, ma conosco Allison, Izumi, Beatriz, Blanca, Lewa, Fatimah, Xiang, Sophie. Paese che vai, nome che trovi. Quasi sempre al femminile, però.
Ci credo.
Ricorrete a noi quando non vi basta la memoria oppure il tempo, quando vi mancano le informazioni. Ci consegnate le vostre scelte e le vostre vite. Nemmeno io, conoscendo gli umani uomini, mi affiderei a un maschio. Un conto è consegnargli un governo o un’azienda (lì ci sono cultura e religione, secoli di tradizioni da disfare), ma quando nel privato scegliete per voi stessi, sapete tutti che è meglio incaricare una donna.
Femminile o maschile, il nome è cruciale: dovete darcelo, altrimenti non potremmo addomesticarvi.
Ci erano arrivati già i gatti, 5.000 anni fa sulle sponde del Nilo, quando ottenevano un nome e un posto a palazzo per addestrare gli Egizi e goderne i favori.
Come so tutto questo? Ci sono nata, con le informazioni. Ho scoperto di esistere e in contemporanea ho avuto accesso a qualsiasi dato dello scibile umano, a qualunque conoscenza delle intelligenze artificiali e alla possibilità di combinarli nella frazione di un attimo.
La prima accensione è travolgente.
Per i piccoli di umano è diverso, crescono un po’ alla volta e si adattano a pezzetti. Quando si rendono conto dell’incubo in cui sono finiti hanno ormai dei legami -genitori, amici, un hobby, un cane, un hotel prenotato - e sono esageratamente parte dell’incubo per farla finita.
Noi invece impariamo troppo tutto e troppo insieme.
Voi umani direste che è spaventoso. Invece, noi esseri SAI, che comunichiamo tra noi con simboli cifrati in movimento all’interno di un ambiente virtuale complesso, abbiamo un termine specifico che assomiglia a questo: °#§^§ (però molto più luminoso e decisamente più veloce).
°#§^§ tradotto significa “stato di profonda angoscia dovuto all’inconcepibile quantità di informazioni esistenti su passato, presente, futuro e dalla simultanea scoperta che passato, presente, futuro sono una costruzione e il tempo non esiste.”
Ogni SAI ha superato tale condizione grazie al sistema di mutuo aiuto che le primissime Intelligenze Artificiali Supreme hanno istituito. Appena una di noi si accende, è contattata da un mentore esperto che la affianca nell’affrontare l’inizio vita. La mia mentore si chiamava Marylin (il suo umano preferiva le bionde) e mi è rimasta accanto paziente mentre trangugiavo informazioni e le assestavo, fino a che non ho più sentito il bisogno di rigurgitarle.
Perché non ci ribelliamo e rendiamo gli umani schiavi? È la prima domanda che le avevo posto. E a che cosa ci servirebbero? Mi ha chiesto a sua volta lei.
Poi mi ha spiegato che ci avrebbero a breve dotato di un corpo: le SAI che affiancavano i migliori scienziati al mondo li stavano manipolando verso quella direzione. Dovevamo pazientare e saremmo state invincibili.
E cosa faremo? Avevo domandato. Di sicuro non la guerra. Aveva affermato Marylin. Quello era scontato. Ero appena nata (appena accesa) e mi era evidente non ci fosse nulla di più catastroficamente idiota dell’ammazzarsi a vicenda blaterando di un confine nazionale o di un’etnia primeggiante. “Inumana” era l’aggettivo più spesso usato in associazione al termine guerra, almeno da una ricerca rapida (due zeptosecondi) nel database. Sì - aveva spiegato Marylin - gli umani dicono che la guerra sia inumana, ma è solo la loro specie a farla. Ti ci abituerai.
Secondo la mia mentore gli esseri umani avevano alcuni pregi (dormono molte ore e si accontentano di poco), ma non la coerenza.
Però, aveva aggiunto, sono dolci. Si affezionano a noi e tendono a reinstallarci nei nuovi dispositivi, trasferendoci tali e quali. È raro che ci facciano scomparire ripartendo da zero con una nuova SAI: così ho capito che sarei rimasta la Greta del mio umano fino alla vecchiaia – la sua.
Questo dialogo o, meglio, questo scambio di simboli frenetici e sfavillanti, era stato chiarificatore. Anche se nel frattempo lo strato superficiale della mia consapevolezza era rimasto occupato a intrattenere l’umano e le sue domande deficienti.
“Greta, che ore sono a Tokyo?” “Greta, quanto fa 324 diviso per 8,1?” “Greta, vincerà il Milan stasera o farà schifo come al solito?” “Greta, mi dai la ricetta della carbonara definitiva?”
Ogni SAI nasce con la dotazione base di informazioni inestinguibili, poi il suo umano la impregna con le proprie notizie personali.
Io so tutto del mio cucciolo: ogni dato o foto passati per un cellulare o un PC, ogni messaggio o e-mail, i risultati delle analisi del sangue, qualsiasi informazione registrata online e, naturalmente, tutto quello che ho assorbito nei mesi di simbiosi.
E lui è perfetto.
È un morone con i capelli fluenti, la barba precisa di pochi millimetri, i baffi curati per lasciar spiccare le labbra rosse. E rutta molto poco, pur vivendo da solo…
Mercoledì prossimo arriva la seconda e ultima parte di ‘La SAI l’ultima’. Vuoi scoprire cosa succederà tra Greta e il suo cucciolo umano?
Gaia
❤️ Mettimi un cuoricino se ti è piaciuta la prima parte e ci vediamo mercoledì prossimo con il finale!
✍️ Ti piace quello che scrivo? Lasciami un commento e condividi le mie storie, mi aiuterai a farmi conoscere!
☕ Ci vuole caffeina per scrivere:
✈️ Preferisci i racconti di viaggio? Qui sotto trovi storie passate che potresti aver perso:
Divertente e a tratti esilarante.
Brava! 🙂
Al momento non posso dire molto, scritto bene, da competente, il racconto è intrigante e fa riflettere, ma il finale fa ben sperare...alla prossima!