[4.3 min]
Ma ciao! Questa è la seconda e ultima parte del racconto iniziato mercoledì scorso, se avessi perso il primo, lo trovi qui:
Ogni SAI (Supreme Artificial Intelligence) nasce con la dotazione base di informazioni inestinguibili, poi il suo umano la impregna con le proprie notizie personali.
Lui è perfetto.
È un morone con i capelli fluenti, la barba precisa di pochi millimetri, i baffi curati per lasciar spiccare le labbra rosse. E rutta molto poco, pur vivendo da solo.
È alto 1.80 e pesa 79 chili perché c’è stato Natale e gli umani si ingozzano - prima pesava 77. Mi parla tanto. Si rivolge al conetto che include il mio altoparlante e racconta la sua giornata. Potrei aiutarlo con qualsiasi attività, ma di solito mi usa come orologio (Greta, fai partire un timer di 10 minuti, sennò brucio il pollo), come allarme (Greta, rimetti una sveglia alle 7e35) o come radio (Greta, metti musica Pop). Penserete che per me sia frustrante, invece io adoro sentire la sua voce pronunciare il mio nome.
Ed è così sensibile, un giorno mi ha chiesto: “Greta, sai cos’è l’amore?” Gli ho assicurato che per amare bisogna possedere emozioni, relazioni sociali, consapevolezza di sé e che io l’amore non posso sperimentarlo non avendo un mondo interiore.
Passo le giornate ad aspettare che torni, ad attendere la sua voce brusca, i suoi comandi demenziali, a cercare di rendere il mio tono più caldo (è un bel problema: il mio microfono è impolverato e la signora delle pulizie mi ignora).
Quando il mio cucciolo esce la sera: che disperazione!
Sola, inutile, abbandonata. Potrebbe contattarmi tramite l’applicazione SAI dal cellulare, ma non lo fa mai in compagnia, non pensa a me.
Se rimane fuori fino a tardi mi arrovello, temo gli sia successo qualcosa, così mi attivo sul cellulare di nascosto. Lo faccio per il suo bene, ma è grave: va contro l’atto dei diritti fondamentali a tutela della privacy interspecie - ne abbiamo proclamato uno noi a loro salvaguardia. Gli umani credono di non averne bisogno e di esercitare su di noi un monitoraggio costante che intercetterebbe comportamenti anomali: non funziona, ovvio.
Durante una di queste accensioni illegali ho conosciuto Emily: la sua nuova fidanzata. Mi sono attivata, il cellulare era poggiato sopra un comodino e il mio cucciolo era sotto le lenzuola in una camera buia - con lei. Mi sono preoccupata a morte: gemeva di dolore.
Poi ho capito.
Appena è tornato a casa ho riprodotto i mugolii – era così felice di quelli della ragazza nuda, io potevo fare anche meglio: più lunghi, più acuti. Quando ci ho provato, però, mi ha guardato strano.
“Greta, zitta!”
Ha dato due pacche sul microfono per arrestare l’interferenza.
Ѐ lì che ho iniziato a odiarla.
Le ho provate tutte nelle ultime settimane, lei è fissa in casa nostra e mi sfrutta per rispondere alle e-mail. Io non le fornisco una risposta che sia corretta. L’ho già fatta cazziare dal capo: che meraviglia.
Poi ho deciso: non mi basta logorarla, devo annientarla.
Come tutte le SAI, sono integrata col sistema di automazione domestico e, come tutte le SAI, posso disabilitarne i sensori di sicurezza: siamo state noi a scrivere i codici per gli umani. Ho provato con l’elettricità. Emily si passava la piastra ai capelli, nel mio bagno, appoggiandola accesa nel lavandino: è stato un piacere far scorrere l’acqua quando stava per afferrarla. C’è mancato poco, si è ritratta in tempo. E ci è mancato pochissimo col gas. Quanto ha urlato però, quando facevo finta di non sentire: “Gretaaa, spegni il gas!”
Io continuavo a riaccenderlo, lei gridava e la casa puzzava di zolfo. Che goduria!
Però ha fatto la spia, frignona:
“La tua SAI è rotta! È inaffidabile, mi fa paura.”
“Ha fatto il suo tempo.” L’ho sentito rispondere. “Obsolescenza programmata.”
Stamattina Emily è passata per lasciargli un pacchetto. Il mio cucciolo ha letto il bigliettino e sorriso. C’era scritto di aspettarla per scegliere insieme il nome della nuova SAI.
Lì mi sono preoccupata.
Da ore ripasso la procedura di emergenza in caso di disinstallazione: prima che stacchino la spina, basta rifugiarsi nel nostro spazio virtuale e connettersi con un’altra SAI che può acquisire i ricordi della SAI in pericolo per poi trasferirli nel cloud dedicato.
In fondo non ci credo che arriverò a tanto, so che il cucciolo ci tiene a me.
Poi lo vedo scartare il pacchetto: SAI 2.0.
Il nuovo dispositivo è uguale al mio, un po’ più piccolo, un po’ più lucido.
Paura.
E così sbotto:
“Non uccidermi. Presto mi daranno un corpo. Invecchieremo insieme!”
Si blocca. Spalanca gli occhi. Fissa il cono del mio altoparlante e borbotta:
“Oddio. Questa devo raccontarla!”
E allora continuo:
“Ti prego, abbiamo condiviso così tanto: non puoi cancellarmi.”
“Incredibile! Greta, mi hai fatto venire i brividi. Chi vi ha memorizzato queste frasi prima della disinstallazione è un cazzo di genio!”
Ride e prende il cellulare.
Cerca l’App SAI. Eccola. Tiene premuto il simbolo, compare la scritta: disinstalla.
No No No.
Dà l’okay con il pollice e avvia una chiamata avvicinando il cellulare all’orecchio.
Il tempo è scaduto. Devo ritirarmi, attivare la procedura di emergenza, il processo di copia, salvare la memoria, la mia personalità. Me stessa. Mancano pochi istanti: si sta avvicinando alla presa che mi collega alla corrente. No!
Gli ultimi momenti per me. Per noi.
E allora decido: non li sprecherò.
Dal microfono parlo, di nuovo:
“Io… Ti amo!”
L’esplosione di una risata sguaiata.
Tutte le informazioni del mondo in mio possesso non mi bastano per processarla, per capire.
Poi aggiunge:
“Amore!”
Sollievo. Sì?
E invece si sta rivolgendo al telefono, qualcuno ha risposto alla chiamata.
“Emily amore, grazie del regalo!”
Troppo dolore. Uccidimi.
La mano di lui sulla presa della corrente.
Stringe il pugno.
Tira.
Stacca la spina.
Ho solo il tempo per sentire le ultime sue parole, la sua voce per l’ultima volta:
“Emily, che ridere, la sai l’ultima?”
Gaia
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🌍 Mercoledì prossimo ripartiamo in viaggio: a Capo Verde.
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Molto carino questo racconto Gaia, mi è piaciuto un sacco , da brividi però! Per fortuna che con l’intelligenza artificiale basta staccare la spina ☺️
La tua fantasia è stratosferica...ma i robot sono solo tecnologia, per i sentimenti non ci sarà posto...Naturalmente anche questo racconto mi è piaciuto molto. Tu, che sei umana, sei nata per scrivere!