Eccoti! Questa ĆØ la seconda e ultima parte della storia iniziata mercoledƬ scorso, protagonista la Prof. che non avresti voluto. Se lāhai persa, recuperale prima qui:
8 minuti, un poā più lungo del solito. Se non hai tempo, trovi la versione audio sul play qui sopra. CosƬ puoi ascoltarlo mentre gratti il gatto, passi lāaspirapolvere o rispondi alle e-mail :D
LA VITA E LāANTIDOTO (2)
Vi conosco da tre anni e per tre anni vi ho odiato. Non vi ho odiato abbastanza da farvi diventare adulti. Cercare un lavoro e un posto nel mondo, pagare un affitto, mantenere un amico e conservare un amore: ragazzi miei, questo non ve lo meritate. Ć una lotta costante. Ć una condanna. E per i pochi di voi che ce la faranno, per i pochi che vinceranno la lotta, arriverĆ solo peggio: ci sarĆ la routine. E quindi voi no. Per voi ho la soluzione.
Tallio. Dose mortale: 8-16 milligrammi per chilo di peso corporeo.
Lāoccasione giusta si ĆØ palesata ieri sotto forma di Kira con la kappa.
āProf. posso portare una colazione che ĆØ il mio compleanno?ā Mi aveva domandato.
Me li immagino stamattina in pasticceria, Kira insieme al papĆ a scegliere come riempire i vassoi. La mamma non lāha accompagnata di certo: se ne ĆØ andata lāanno scorso con il suo insegnate di Yoga acrobatico. Poi ĆØ entrata alle otto con due bottiglie di Coca Cola e cinque vassoietti. Sono incartati, non posso sapere cosa ci sia dentro, ma speriamo abbia portato pizzette e non bignĆØ. La crema nei bignĆØ non la digerisco. Invece per le pizzette vado matta.
Le poche volte che ero invitata a un compleanno, da piccola, mi piazzavo davanti al tavolo del rinfresco a ingurgitare una pizzetta dopo lāaltra. Continuavo fino a quando qualcuno, di solito la mamma del festeggiato, cercava di farmi smettere:
āTesoro, perchĆ© non vai a giocare con gli altri? Stanno facendo la caccia al tesoro in giardino. Se vuoi ti accompagno.ā Quello era il segnale che dovevo accelerare lāabbuffata: il prossimo avvertimento sarebbe stato lāultimo e mi avrebbero tolto il vassoio.
āBasta tesoro ora, ti sentirai male. E dobbiamo lasciarne un poā anche per gli altri.ā
Annuivo con la mia migliore aria mortificata (occhi grandi, labbro inferiore proteso, testa incassata dentro le spalle), ma non ero pentita. Sono sempre stata una bambina cicciona e quella mamma non aveva idea di quante pizzette ci volessero per riempire uno stomaco dilatato e un cuore svuotato.
AllāuniversitĆ ho iniziato a dimagrire. A forza di vomitare lāappellativo di scrofa non mi si addiceva più ā cāero cresciuta dentro e mi sembrava di aver perso un pezzo di identitĆ . Cesso rimanevo però, un cesso secco. In compenso ci ho guadagnato delle belle cicatrici sul dorso della mano, ho battezzato tutte le nocche della destra.
Ogni tanto le rinfresco.
Elia le guardava lāaltra settimana mentre lo interrogavo su DāAnnunzio: ha le stesse mie impronte sulla sua di mano, le avevo notate da un pezzo. Ha tentato di incrociare il mio sguardo, dopo averle fissate stupito, io non lāho guardato e gli ho dato quattro. Almeno se ne ĆØ andato a posto veloce. Tanto dellāestetismo decadente del povero Gabriele non aveva capito niente.
Spero per lui che abbia sete oggi.
I vassoi incartati, sono appoggiati sopra il tavolo di Valter e io continuo a sbirciarli. Valter ĆØ assente. Non viene mai, ĆØ sparito. Agli ultimi colloqui sua madre era in lacrime, ma non le interessava che Valter stesse perdendo lāanno: lei stava perdendo suo figlio. Dava la colpa alle brutte compagnie, ovviamente. Al gruppo di amici sbagliati che lo stava portando sulla cattiva strada e lo metteva in pericolo. Ć lui il pericolo. Avrei voluto risponderle. Valter non si stava facendo trascinare, Valter spacciava. Però non glielo avevo detto. Non avrei potuto sopportare il moccio che le sarebbe sceso dal naso: mi avrebbe ricordato mio fratello.
Non sono madre, lāamore che si prova per un figlio non lo conoscerò mai, però conosco cosa significa perdere la speranza e a quella donna sfatta ho voluto risparmiarlo.
Se Valter fosse stato in classe oggi però, lāavrei potuto salvare - quanto ne ha bisogno. Invece no, continuerĆ a soffrire e far soffrire. Pazienza, forse ci penserĆ da solo una volta toccato il fondo.
Io intanto mi porto avanti, silenziosa.
Tallio. Anzi, solfato di tallio.
āInsapore e inodore, serve come veleno per topi. Il tallio rimpiazza gli ioni positivi dei metalli alcalini dellāorganismo e distrugge i normali processi cellulari.ā Mi aveva detto cosƬ, internet. Io non sono esperta di chimica o di biologia, sono una professoressa di lettere stupida, però mi ĆØ parso evidente facesse al caso mio.
āDopo lāavvelenamento, i primi sintomi sono vomito e nausea, febbre, tachicardia, dolori allāaddome. Poi arrivano atassia, alopecia, coreoatetosi, coma e morte.ā Io non sono un medico, sono una professoressa di lettere pazza, però faceva decisamente al caso mio.
Lāispirazione mi ha fulminato leggendo per caso un vecchio articolo di cronaca: un ragazzo aveva fatto fuori nonni e zia mettendo il tallio in una tisana di erbe.
Sogni dāoro, nonnini cari.
Non approvo. Erano ormai vecchi, se lāerano sofferta tutta la vita, poteva anche aspettare che morissero di spontanea volontĆ .
Io agirò sui giovani, quando cāĆØ ancora speranza.
Pensavo sarebbe stato difficile ottenerlo, invece sono bastate tre settimane di ricerca online e qualche contatto con aziende estere. Et voilĆ le tre boccette sono ora belle protette dentro la mia borsa in pelle nera da donna adulta.
Suona la campanella.
āDai ragazzi, consegnateā
Arrivano uno dopo lāaltro chiacchierando tra loro. Si chiedono come sia andata, cosa abbiano risposto alla domanda numero due.
āProf. certo che oggi era bastardo il compito eh!ā Mi apostrofa Daniele.
āMacchĆ©, erano domande standard. Sono sicura che sarĆ andato bene Daniele.ā Lui non ĆØ uno con molta voglia di studiare, ma ĆØ sveglio e se la cava sempre. Ora poi ha la fidanzatina in Seconda C e, dopo averla sbaciucchiata in cortile, la mattina entra in classe tutto sorridente. Spero si sia divertito, finchĆ© ĆØ durata.
Ho passato le due ore di compito a interrogarmi sulla scusa da usare per allontanarmi con le bottiglie di Coca Cola. Non ce nāĆØ una che regga. Kira ha portato i bicchieri, ĆØ tutto pronto lƬ. Ho pensato di andare a prendere dellāacqua e aggiungerne una caraffa al rinfresco, ma poi chi la berrebbe? Bevono tutti la Coca Cola, quando cāĆØ.
Una multinazionale le cui strategie di marketing hanno creato un mito internazionale, non posso certo batterla a colpi di rancore e acqua del lavandino. Li vedo avvicinarsi al banco di Valter, si accalcano intorno a Kira.
Non cāĆØ più tempo.
Se non intervengo qualcuno stapperĆ le due bottiglie.
E allora niente scuse, faccio affidamento sulla banalitĆ del cervello umano e sul primordiale rispetto dellāautoritĆ . Lāuomo non ĆØ fatto per la ribellione, ĆØ fatto per sopravvivere e riprodursi. Poi certo, a volte le ribellioni insorgono, ma che fatica porsi tutte quelle domande. Qui parliamo di Coca Cola sgassata, non ne vale proprio la pena, confido che non creino problemi. Afferro le due bottiglie veloce:
āRagazzi, la metto in un paio di caraffe, cosƬ bevete meglio. Intanto iniziate a mangiare, torno in due minuti.ā
Il termine ragazzi, lƬ a ricordargli che comando io. CosƬ bevete meglio, illogica, ma pur sempre una spiegazione e il cervello adora la sicurezza delle azioni fatte per una ragione. Iniziate a mangiare, comando netto, semplice da rispettare: mangiate, non ragionate. E poi la chicca dei due minuti, la mente umana vuole chiarezza temporale, una struttura, cosƬ non si impergola temendo conseguenze inattese.
Funziona.
Nemmeno mi guardano. Iniziano a scartare i vassoi.
āLe serve aiuto professoressa? Lāaccompagno?ā
Questo ĆØ Fabio, sempre lui.
Mi fa tenerezza, cicciottello e basso comāĆØ. Occhi e capelli di un marrone anonimo. Il viso ĆØ paffuto, ma con un naso troppo grande che lo rende sgraziato. E poi ha quella peluria sul labbro superiore che ĆØ magnetica. Tutti i suoi compagni si radono ormai da anni, lui no. Lascia dei ciuffetti marrone pastello soffici a sovrastare la bocca e renderlo ancora più brutto.
Lo trattano malissimo e lui non si aiuta facendo il leccaculo con i professori, sempre a lisciarmi il pelo e guardarmi incantato. Ripete le frasi che dico. Lo bullizzano da quando lo conosco. Tutti, nessuno escluso. Insultato, deriso, isolato. Lo hanno anche picchiato, lāanno scorso in gita. Ć tornato a casa con dei lividi in faccia. E poi gli rubano le penne, lāastuccio, la merenda. Gli tirano lāacqua. Una volta gli hanno tagliato i capelli. Per essere nei tempi del cyberbullismo, si danno da fare anche nella vita reale.
āNo no Fabio tranquillo, ci penso io, grazie.ā
Acchiappo la borsa ed esco con le due bottiglie di Coca Cola sottobraccio, do un ultimo sguardo ai miei ragazzi: hanno terminato di scartare i vassoi.
Solo bignĆØ alla crema.
La sala professori in fondo al corridoio ĆØ deserta, ma faccio in un attimo. Le caraffe sono al solito posto, nello scaffale metallico di fianco al frighetto. Ne prendo due.
Spalanco la borsa. I flaconcini di tallio mi aspettano fidati. Li apro uno dopo lāaltro e verso il contenuto sul fondo delle caraffe. Ne basterebbe molto meno, però non voglio sorprese. Poi stappo le bottiglie, una ĆØ chiusa troppo stretta ā devo aiutarmi con i denti. I miei sono gesti meccanici e veloci, non sono agitata, non penso. Pura concentrazione.
Fatto.
Mi giro con le caraffe in mano, pronta. Convinta.
āFabio!ā
Davanti a me.
Ć sulla porta, ha la bocca aperta e lo sguardo ancora meno intelligente del solito, i baffetti sembrano fremere come a un gatto - quando annusa qualcosa di buono, ma il suo ĆØ il tremore dellāincredulitĆ .
āEro venuto a darle una mano.ā
āAh!ā
Appoggio le caraffe sul tavolo. Ho sbagliato. Ho sprecato la mia occasione. Finirò in galera senza nemmeno esserci riuscita. Stupida pazza.
Vorrei sedermi, ma rimango in piedi a fissarlo. Non cāĆØ niente da dire. Nei suoi occhi leggo il terrore. Basta quello sguardo a scuotermi, come un click che mi ricollega con la realtĆ : con la gravitĆ innominabile di quello che stavo per fare. Fabio ĆØ arrivato in tempo.
āĆ qualcosa di tossico?ā La sua voce ĆØ acuta, trema.
āSƬ.ā
āE gli fa male?ā
Ora trema anche la mia, di voce:
āLi ammazza tutti.ā
Spalanca gli occhi ancora più, sembra tornato un bambino. Lo vedo guardarsi intorno di fretta, a cercare qualcuno, a cercare aiuto. Lo vedo che sta per gridare. Non potrò fermarlo. Dentro di me sono giĆ rassegnata. Sto ferma in piedi con le mani a mezzāaria e Fabio ĆØ lƬ, pare imbambolato. Nessuno dei due sa come sbloccare la situazione. Cerchiamo entrambi una via dāuscita. Stacco gli occhi dai suoi per un istante: il rumore di ali sul davanzale. Fosse un gabbiano potrei leggerci un segnale, un messaggio, una spiegazione. Ć un piccione rachitico.
āLi ammazza tutti.ā Sento Fabio mormorare.
Ha socchiuso gli occhi, scrolla la testa. Piano. Sommesso. Dai, chiama aiuto, vai dal bidello, vai dal preside, vai al giornale. Non opporrò resistenza. I genitori mi linceranno, sarà meritato.
Mentre aspetto che scappi, mi rendo conto che è meglio così, mi esce un sospiro di sollievo: era una pazzia. Ragazzini innocenti, come ho potuto pensare di decidere al posto loro. La vita mi ha reso un mostro, ecco tutto. Forse lo sono sempre stata. Faceva bene Loris, a bucarmi i polmoni.
Gli occhi di Fabio iniziano a riaprirsi, ad animarsi.
Non li sposta dai miei.
Eccolo che urla. Occhi sempre più grandi, le pupille che si dilatano, le iridi brillano: il marrone apatico sembra riempirsi di venature dorate. Non lāho mai visto cosƬ: vivo.
Li strizza, annuisce con forza: ha preso la sua decisione.
āAndiamo professoressa. La aiuto a servire la Coca Cola.ā
Afferra le due caraffe con un sorrisone da bimbo buono e me ne passa una. Non posso far altro che prenderla.
Lo vedo dirigersi a passi spediti verso la classe. Non posso far altro che seguirlo.
Attraversiamo il corridoio a pochi passi lāuno dallāaltra. Intorno i ragazzi delle altre classi non fanno caso a noi. Vociano di vita. Lo vedo appoggiare una mano sulla maniglia della Quinta A e girarsi verso di me, la frazione di un dubbio gli attraversa lo sguardo:
āĆ forte abbastanza professoressa? Ć sicura, professoressa, che sia veleno?ā
Senza aspettare risposta Fabio spinge la maniglia verso il basso. Apre la porta.
Entra.
Io lo seguo e sto ridendo. Scuoto la testa come a rispondergli. Scuoto per fare segno di no, non ĆØ veleno:
āĆ antidoto.ā
Gaia
ā¤ļø Mettimi un cuoricino se il finale ti ĆØ piaciuto!
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ā Ci vuole caffeina per scrivere:
āļø Preferisci i racconti di viaggio? Qui sotto trovi storie passate che potresti aver perso:
Il racconto ĆØ scritto benissimo, un vero mini-giallo, con tutti gli ingredienti al posto giusto, ma io mi faccio un paio di domande: devi vendicarti di qualche insegnante particolarmente maligna (una donna, sicuro)? Posso fidarmi di te?
Complimenti š